Rientro lento dall’estate recuperando un post dimenticato nel vecchio blog. Si tratta di una lunga citazione di un libro ormai dimenticato dall’editoria di settore: Il rosso di Renate Eco. Renate Eco è stata un’antesignana dei laboratori d’arte in Italia, oltre a occuparsi di molte altre cose, dalla comunicazione al design. Ha collaborato con Bruno Munari e realizzato uno dei primissimi laboratori per ragazzi per l’Accademia di Brera.
In questo libro è tracciato un interessante percorso di educazione dello sguardo che si rivela essere un insieme di giochi linguistici: anche i colori hanno una grammatica quotidiana e tecnica che si impara osservando e comparando, ma anche chiamando per nome.
“Sui colori non ci si intende con le parole. Tuttavia le parole servono, perché sottolineano delle somiglianze con oggetti che già conosciamo. Invece di dire semplicemente rosso, dire
- rosso amarena
- rosso fuoco
- rosso sangue
- russo pompeiano
- rossa bandiera
- rosso segnale
- rosso pomodoro
- rosso golfino-di-Roberto
- rosso cupo
- rosso allegro
- rosso sporco
- rosso squillante
- rosso mattone
può servire per intendersi meglio e lega il discorso a esperienze vissute. E magari serve a educare chi chiama nero il vino rosso e gialle le scarpe marroni in modo che si esprima con maggiore precisione” (Renate Eco, Il rosso).
“Ci accorgeremo quanto sia difficile distinguere oltre che denominare i colori. Il colore è la parte più mutevole dell’apparenza degli oggetti, diciamo che è pochissimo oggettivo.
Sappiamo per esempio che ha rosso più puro si trova nello spettro della luce ad una lunghezza d’onda tra 642 e 760 millimicron. Sappiamo che il numero delle tonalità che si possono distinguere in uno spettro di colori puri tra i due estremi del viola e del rosso sono circa 160. Sappiamo qualche cosa sulla cecità al rosso, sul perché del rosso al tramonto, sulla ragione per cui il rosso è più visibile da lontano che altri colori. Ma quasi tutto il resto dipende dalle circostanze della nostra percezione. Cerchiamo di osservare queste circostanze più da vicino” (Renate Eco, Il rosso).
“Quando dico rosso e mi ascoltano trenta ragazzi, posso essere certa che ci saranno trenta rossi nelle loro teste, tutti differenti tra loro. Anche se parlo del rosso delle lattine di coca cola, che è uguale dappertutto, i ragazzi penseranno molti colori differenti. E anche se metto una lattina di coca cola sulla cattedra, in modo che tutti possono vederla e che ciascuno abbia la stessa proiezione sulla retina, non posso essere sicura che ciascuno abbia la stessa percezione” (Renate Eco, Il rosso).
“Quando leggiamo la parola rosso, ci vengono subito in mente tante altre cose che non c’entrano con l’arte: semafori, partiti politici, tramonti… e ci rendiamo conto che per capire il fenomeno rosso, oltre a saper mescolare dei materiali sul piattino dobbiamo imparare molte altre cose” (Renate Eco, Il rosso).